Il Corriere della Sera ha pubblicato domenica un’intervista al Presidente di Confcooperative, Maurizio Gardini, sulla capacità del modello cooperativo di salvaguardare il lavoro e costruire sistemi di welfare.
« L’atmosfera è quella di buon auspicio verso una pagina nuova.
La frenata del Pil va contrastata subito con azioni concrete:
- la capacità di produrre reti di connessione sociale
- infrastrutture per lo sviluppo di tutti gli italiani
- la costruzione di una rete di competenze che connetta le persone
- inclusione delle donne nel mondo del lavoro
- contrasto all’isolamento degli anziani.
Quella che ci portiamo dietro è una crisi lunga dieci anni, dove abbiamo visto duplicarsi il fenomeno della povertà, e la crisi della sanità pubblica, con 20 milioni di italiani in difficoltà nel gestire la propria salute, di cui 7 milioni si sono indebitati e 2,8 milioni hanno dovuto vendere la propria casa per curarsi.
Serve un’investimento strategico nel welfare, che fino ad oggi ha visto passi troppo timidi.
Le stesse rappresentanze delle associazioni di categoria, così come nel mondo cooperativo, hanno commesso degli errori e sottovalutato alcune azioni.
L’Italia può essere cambiata cooperando, costruendo reti e infrastrutture viarie e sociali. Per queste ragioni si chiede di più di semplice ‘si’ alla Tav: qualcosa come 13 miliardi di investimenti sono rimasi bloccati nel biennio 2016-2018 dalla mancata realizzazione degli obiettivi prefissati.
La cooperazione è un modello che rimette il Paese in connessione. Quello che stiamo sperimentando con le cooperative di comunità per esempio, è sorprendente: nei piccoli borghi che si stanno spopolando, c’è chi decide di restare e si auto-organizza in cooperativa di servizi: scuolabus e trasporto anziani, cura del bosco e dei sentieri, dell’accoglienza turistica e della gestione dei siti d’arte, degli spazi comuni.
Possono essere joint venture con i privati o sono storie di successo. Un progetto di connessione che può offrire decine di migliaia di posti di lavoro nelle zone oggi poco collegate.
Possiamo parlare di workers by out: è un modello che la cooperativa sa fare con competenza.
Sono già un centinaio le imprese fallite e rilevate dai loro lavoratori. I quali diventano imprenditori, rischiando il loro tfr, il trattamento di fine rapporto, la loro Naspi, l’indennità di disoccupazione, senza aspettare soluzioni dall’alto. »